sabato 12 maggio 2012

"To Rome With Love"



L'ho visto. In genere non vedo i film in uscita, perché aspetto che il tempo li renda affascinanti. Inoltre, spero di dimenticare i commenti dei critici. Senza mai riuscirci.

Stavolta semplicemente passavo di lì.

Rispetto a Bop Decameron il titolo To Rome With Love sembra più blando, meno graffiante: è una tattica. Woody sputa sentenze contro gli italiani e lo fa a buon diritto. Qualche stereotipo, certo, ma alla fine mai così vecchio né, tanto meno, così privo di fondamento. E poi, sono reductiones ad minimum con sole finalità umoristiche. Il film è altro e - checché se ne dica – va oltre.

Le storie sono introdotte e chiosate da Modugno, che solletica un inconscio nazionale spesso tendente al sogno: gli italiani vivono in un mondo tutto loro. E il che non è necessariamente un bene. Il regista conferisce al suo giudizio una forma elegante e discreta, in tutta la sua crudele lucidità.

Chist’ è o’ Paés’ do talento sprecato - spassosissima l’idea del tenore sotto la doccia! -, del mai risolto conflitto tra “potere” e “dovere”, tra “bene” e “male”, dove intercorre un rapporto sinallagmatico tra l’icona della virtù e quella del vizio. Dove la povertà di sostanza è compensata dal barocco della forma e dove gli anni-luce che separano il pensiero dall’azione inesorabilmente si rivelano essi stessi meri suppellettili della mitopoiesi tricolore (che influenza pure l'americano Jack, uguale a Ninetto Davoli).

I paesaggi stile pro loco non fanno altro che ricordarci la miseria della nostra singola storia, che è effimera, transeunte, relativa, da ridimensionare in quanto si ripropone. Tanto che il genio ha doppia ragione di "citarsi addosso": infatti, il significato delle sue opere è cristallizzato fuori dal tempo e ciascuno (compreso lo stesso ideatore) vi può attingere.

Poi c’è Fellini “rivisitato”: in tutto l’Occidente solo in Italia una coppia di giovani sposini di provincia, dopo aver provato le emozioni e i pericoli della città (ricordate Novecento di Bertolucci?), decide in modo convinto di tornare alla felicità del paesello!

Poi c’è il camuffato sorriso sardonico verso la fortuna (non il talento!) di un Benigni qualsiasi. La facilità con cui siamo soliti acclamare il genio di turno e dimenticarcene dopo poco (quando non lo dileggiamo con pesantezza)…

Ovviamente chi scrive non è totalmente alieno ai succitati malvezzi e pertanto s’è inserito nel novero.

Per concludere, una capitale tanto grande eppure così piccina è continuamente attraversata da innumerevoli storie, ognuna diversa e simile alle altre, come ci ricorda l’anonimo romano (ricordate l’autista di Pretty Woman?). L’eterno e l’immutabile risiedono nelle mura e nelle persone, orgogliose e senza voglia di cambiare. Sospese nel perenne, fallace equilibrio statico dell’ingenuità, ovvero del fascino nella sua massima espressione.

lunedì 7 maggio 2012

Porket Coffee


La carica del caffè più l'energia della porchetta.
Porket Coffee! 

Ingredienti per preparare un ristorante.




Tanti popoli vengono considerati beoni, l'Italia è il Paese dei magnoni. Meno magnoni, ultimamente. 

In ogni caso, l'oggetto della presente digressione riguarda l'apertura, la gestione, il mantenimento di un ristorante, di una tavola calda, di un buco dove servire al pubblico alcune pietanze. Possibilmente in un'atmosfera decorosa. 

Una volta era diverso: il locale spesso era stato ricavato da un'ex filanda del nonno, la filiera dei prodotti era corta, i clienti erano pochi ma dal reddito fisso. 
Le cuoche non avevano frequentato l'alberghiera: rigorosamente donne e "cuciniere"="atte ai fornelli (a legna)", erano spesso senza grosse pretese (in termini salariali come in quelli estetici). 
Le cameriere facevano parte della famiglia: giovani figlie/nipoti zitelle o mogli appetibili. 
A tutto ciò conseguiva un prezzo ragionevole. 

Oggi, invece, il concetto di "ragionevolezza" applicato al conto è un tantinello cambiato. 
In tempi di crisi due (uno solo sarebbe triste) si recano a cena fuori e sanno già che non spenderanno meno di... 35 €. Il prezzo è tiratissimo! Il minimo in assoluto! Non potrebbero mai spendere meno. Ma non possono neanche permettersi di spendere di più. E dopo cena di corsa a letto! Ben inteso, senza fare figli, perché - si sa - ora come ora...

Dall'altra parte (quella del ristoratore medio) è impossibile chiedere una somma più alta, pena una sala deserta. Allo stesso tempo è pur vero che chiedere di meno sarebbe impossibile: come altrimenti far fronte all'affitto (maggior parte dei casi) del locale, alle spese di gas (russo) e luce, agli stipendi del cuoco (extracomunitario, che il cliente intravede solamente) e dei camerieri (che solo negli USA riescono a metter da parte qualche soldo)..?

Due alternative possibili:

1) locale di lusso, senza affitto ma anzi con fondo di proprietà (magari ereditato dalla zia ricca del rag. Filini), spese di luce azzerate perché per le coppiette à la page l'atmosfera romantica si crea con la penombra dei lumi di candela, spese del gas nulle per via del padrone che è russo, micro-porzioni perché abbuffarsi fa volgare, camerieri (sempre extracomunitari) sottopagati e sotto ricatto per mancato permesso di soggiorno e, dulcis in fundo, cuoco iper-titolato ma con incontinenza al gioco d'azzardo, costretto (senza ormai più pre-molari) a lavorare per rifarsi delle perdite mostruse nella bisca dello stesso russo di cui sopra;

2) hostaria/trattoria/bettola di quart'ordine ricavata da un box per auto, ma ampliata all'esterno (occhio al guard-rail!), piatti della tradizione all'insegna della cucina di recupero - che vòi de ppiù?! -, cameriera di origini slave, nonché moglie disillusa del capo, gatto appollaiato sulla tavola e mansueto finché gli si lasci spolverare i bicchieri con la coda, cuoco provvisto di tatuaggio (dedicato alla madre), il cui solo affacciarsi chiude lo stomaco dello spettatore... e per lo scontrino fiscale basta staccare un lembo della tovaglia di carta, sulla quale è stata scrupolosamente manoscritta l'addition. Una chicca per i turisti!

Altrimenti - date retta a chi scrive - prendete del pollo a buon prezzo (assicurandovi che per quel prezzo si tratti proprio di pollo), un barattolino di curry (vi durerà una vita!), un rametto di rosmarino silenziosamente sottratto dal giardino del vicino, la mezza cipolla che rimane sempre in fondo al frigo, le patate dimenticate e pronte a germogliare, qualche mela che altrimenti avreste lasciato raggrinzire, una presa di sale e di pepe, e mettete a bollire il tutto, così, come viene. In un'altra pentola lessate del riso. Quindi, mischiate i sapori. Gustoso, facile ed economico, fa la sua etnica figura. Bon appétit!


Hollande post-elezioni

Dopo l'esito elettorale francese, un suggerimento culinario rivolto a Carlà per consolare suo marito Sarkò: